Le videoconferenze fanno male: quattro soluzioni contro la “Zoom fatigue”

Complice la pandemia, lo smart working è diventato parte delle nostre vite.

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Ci siamo trovati, d’un tratto, a lasciare gli uffici per lavorare da casa, con alcuni pro e diversi contro.

Tra questi contro, anche quello di essere costretti in molti casi a sorbire meeting su meeting in videoconferenza, a volte anche inutili, di sicuro in grande quantità.

E c’è chi ha studiato che questo boom delle videoconferenze, in realtà, non ci ha fatto bene: il professore Jeremy Bailenson, direttore e fondatore del Virtual Human Interaction Lab (VHIL) di Stanford, ha esaminato le conseguenze psicologiche del trascorrere svariate ore al giorno in videoconferenza.

E così ha identificato quattro conseguenze dell’abuso di meeting in videochat che, secondo lui, contribuiscono alla percezione della “Zoom fatigue”, affaticamento da Zoom – laddove Zoom è un termine generico per riferirsi in realtà a tutte le piattaforme di videoconferenza.

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E di seguito vi presentiamo queste quattro conseguenze, esposte per la prima volta sulla rivista Technology, Mind and Behaviour pubblicata lo scorso 23 febbraio.

Noi, dal canto nostro, vi proponiamo anche quattro soluzioni.

Affaticamento da Zoom, conseguenze e soluzioni

1) Tutti guardano tutti e ogni singolo intervento è un’orazione

Durante ogni singolo meeting, la quantità di contatti visivi è ben superiore a quella che si avrebbe dal vivo.

Tutti hanno potenzialmente tutti gli altri sotto controllo e nel momento in cui ci si trova a dover intervenire (ma anche quando non si interviene, in realtà) ci si trova con tutti gli occhi addosso mentre in una riunione normale è possibile che si guardi l’oratore come si possano prendere appunti come si possa guardare altrove.

E soprattutto per chi parla è un’esperienza particolarmente stressante, come dichiarato da Bailenson: “L’ansia sociale di parlare in pubblico è una delle più grandi fobie che esiste nella nostra popolazione. Quando sei in piedi e tutti ti fissano, è un’esperienza stressante”.

In una videocall magari non starai in piedi ma per certo tutti ti fissano.

Può creare stress anche il fatto che durante le chiamate in videoconferenza alcuni volti possono apparire troppo grandi.

Ci troveremo di fatto, con il volto di un nostro collega (o del nostro capo) a pochi centimetri da noi.

Una situazione che difficilmente potrebbe accadere nella vita reale, laddove il nostro cervello interprerebbe la situazione “come una situazione intensa che porterà all’accoppiamento o al conflitto”.

Il virgolettato è tratto dall’articolo su Stanford News ma in effetti se ci pensiamo quando abbiamo qualcuno così vicino al nostro volto finisce che ci si bacia o che qualcuno parta con una testata.

Soluzione: il professor Bailenson consiglia di togliere Zoom (ricordiamo, il discorso non vale solo per Zoom) dall’opzione a schermo intero e di ridurre le dimensioni della finestra dell’app per ridurre al minimo le dimensioni del viso.

Inoltre, può essere utile utilizzare una tastiera esterna per consentire un aumento della distanza fra noi e lo schermo (e questo può far bene in assoluto).

2) Vedere se stessi costantemente durante le videocall è faticoso (come guardarsi allo specchio tutto il tempo)

La maggior parte delle piattaforme per videocall ci mostra costantemente come appariamo agli altri.

Oltre ad essere potenzialmente distraente (non so voi, ma io non riesco a non guardarmi e poco alla volta sono giunto ad essere infastidito da me stesso), è innaturale: “Nel mondo reale, se qualcuno ti seguisse costantemente con uno specchio e tu così ti guardassi costantemente mentre prendi decisioni, dai feedback, ricevi feedback, sarebbe semplicemente folle“, ci dice Bailenson.

Sono diversi gli studi che dimostrano che quando vedi te stesso riflesso, sei più critico con te stesso: “È faticoso per noi. È stressante. E ci sono molte ricerche che dimostrano che ci sono conseguenze emotive negative nel vedersi allo specchio. “

Soluzione: il professor Bailenson suggerisce (nel caso di Zoom) di utilizzare “Nascondi auto-visualizzazione”, a cui è possibile accedere attraverso il menu accessibile cliccando sui tre puntini presenti sulla propria immagine. E’ possibile trovare opzioni analoghe anche sulle principali piattaforme concorrenti (magari ne scriveremo più in là).

3) Le chat video riducono drasticamente la nostra solita mobilità

Le conversazioni in persona e in audio consentono agli umani di camminare e muoversi. Ma in videoconferenza, nel caso in cui si partecipi da computer, le telecamere hanno un campo visivo definito e ciò costringe a chi partecipato di rimanere generalmente nello stesso punto.

E oltre al fatto che stare fermi è poco salutare, il professor Bailenson nota che “c’è un ambito di ricerca in crescita che dice che quando le persone si spostano, ottengono prestazioni cognitive migliori“.

Soluzione: il professor Bailenson consiglia di ragionare di più su come deve essere strutturata la stanza da cui si effettuano le videocall, pensando anche a dettagli come il posizionamento della videocamera. Può essere utile l’acquisto di una videocamera esterna che, posta più lontana dallo schermo, potrebbe consentirci di camminare e scarabocchiare su un foglio di carta durante le riunioni virtuali proprio come faremmo in quelle reali.

Inoltre, ma questo vale anche per il punto numero 2, è sempre consigliato spegnere periodicamente il proprio video durante le riunioni per concedersi un breve riposo (ma questa ovviamente deve essere una norma che va bene al gruppo di lavoro).

4) Il carico cognitivo è molto più alto nelle videocall

Nella regolare interazione faccia a faccia, la comunicazione non verbale è abbastanza naturale e ognuno di noi fa e interpreta in modo naturale gesti e segnali non verbali. Ben altra cosa in una interazione su schermo: quando siamo in video dobbiamo lavorare di più per inviare e ricevere segnali.

Quella che era una delle cose più naturali al mondo – una conversazione di persona – è diventata qualcosa di artificioso: “Devi assicurarti che la tua testa sia inquadrata al centro del video. Se vuoi mostrare a qualcuno che sei d’accordo con lui, devi fare un cenno esagerato o alzare il pollice. Ciò aggiunge carico cognitivo poiché utilizzi calorie mentali (un concetto metaforico ma non troppo, dato che pensare porta il consumo di calorie, ndr) per comunicare”.

Soluzione: il professor Bailenson consiglia di prendersi pause in cui limitarsi alla comunicazione in audio (ripetiamo così il punto precedente).

“Non si tratta semplicemente di spegnere la fotocamera per prendersi una pausa dal dover essere attivi in ​​modo non verbale, ma anche di allontanare il corpo dallo schermo in modo che per alcuni minuti non si sia soffocati da gesti che sono percepibili ma che sono socialmente privi di significato”: conclude il professore che per primo ha scoperto l’affaticamento da Zoom.

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