Scheda perforata, floppy disk, zip drive, CD e DVD: la storia dell’archiviazione fino al cloud

Siete curiosi di sapere la storia dei supporti per l’archiviazione dei dati? In questo articolo ripercorreremo tutti i principali sistemi che hanno fatto la storia dell’archiviazione!
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Partiamo dalla “preistoria dell’archiviazione” e iniziamo il nostro viaggio dalla scheda perforata. Per conservare e archiviare i dati negli anni ’40 del Novecento venivano usate queste schede perforate, cioè dei supporti di registrazione che permettevano alle informazioni di essere registrate sotto forma di perforazioni in codice. Durante la Seconda Guerra Mondiale vennero usati anche i primi nastri cartacei perforati. Gli Alleati, infatti, si servirono di questi nastri utilizzando i primi calcolatori informatici per criptare i codici dell’aviazione tedesca. Questi nastri consentivano una lettura e una scrittura dei dati esclusivamente in ordine sequenziale.

In pochissimi anni il nastro cartaceo ebbe una trasformazione e divenne nastro magnetico. Esso è formato da una striscia molto lunga in materiale plastico, ricoperta di un materiale trattato con polarizzazione magnetica. Una singola bobina permetteva di archiviare una grande quantità di dati, di certo superiore ai precedenti metodi. Ogni singolo nastro magnetico consentiva di archiviare fino a 225 kilobyte, vale a dire la capienza di addirittura 1.920 schede perforate. Il nastro magnetico ha velocizzato in modo esponenziale il processo di creazione, archiviazione e lettura dei dati e divenne un pilastro dell’industria audiovisiva di fine anni ’50.

Nel corso del 1956 inizia la storia dell’hard disk, il primo disco rigido della storia. I dati potevano essere letti e scritti non più solo in ordine sequenziale, ma in ogni ordine possibile. Il primo hard disk fu prodotto dalla IBM e poteva archiviare fino a 5 megabyte di dati.

Negli anni ’70 furono inventati i floppy disk, dei dischi sui quali poter archiviare i dati. Il primo floppy disk poteva contenere al massimo 80 kilobyte, ma successivamente essi arrivarono a un’archiviazione massima di 1,44 megabyte.

Gli anni ’80 videro l’invenzione dei famosissimi CD-ROM, dei compact disc rotondi che permettevano di conservare dapprima solo dati informatici e in seguito anche dati musicali o grafici. Ogni CD aveva una capacità di conservazione dei dati fino a 700 megabyte, vale a dire l’equivalente di ben 486 floppy disk!

Negli anni ’90 ci fu l’evoluzione dei CD-ROM con la diffusione dei DVD. Essi avevano la stessa forma dei CD, ma diversa tecnica di scrittura e di lettura dei dati. Anche la capacità di archiviazione era diversa e maggiore: i DVD, infatti, contenevano 4,7 gigabyte di dati, come 7 CD-ROM!

Nel 1994 fece l’apparizione sul mercato anche lo zip drive, un supporto removibile con una capacità di 100 megabyte nella versione iniziale. Nella versione più recente, la capacità di archiviazione dei dati è arrivata a 750 megabyte.

Gli anni 2000 furono causati dall’esplosione delle chiavette USB, supporti portatili in grado di collegarsi al PC per mezzo di una porta USB. Notevole è la comodità di queste piccole memorie di massa. Oggi le chiavette USB possono arrivare a contenere 125 gigabyte di dati, equivalenti addirittura a 140 DVD!

Negli ultimi anni, la storia dell’archiviazione dei dati ha subito una smaterializzazione rispetto al passato. I cloud storage danno la possibilità all’utente di salvare i propri dati online e di accedervi semplicemente con una connessione web. Accedendo al proprio account di cloud storage si potranno consultare i file archiviati o crearne altri.